18 Nov
Roma, 14 novembre 2024 – Sono potenzialmente in grado di preservare l’occupazione e mantenere il ciclo produttivo. E l’hanno dimostrato sul campo: dal 2011 ad oggi in Italia hanno salvaguardato oltre 90 aziende, coinvolgendo circa 2400 lavoratori. Sono i workers buyout, ovvero le imprese salvate dai lavoratori riuniti in cooperativa. Ma qual è il potenziale impatto economico di questi strumenti in Italia? Quante aziende potrebbero beneficiarne o essere salvaguardate attraverso Workers Buyout? E soprattutto, come incentivarne e sostenerne l’adozione?
Rispondere a queste domande è l’obiettivo della ricerca: “Workers Buyout: L’impatto economico e sociale in Italia” realizzata da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Amundi Italia e Coopfond, presentata all’evento organizzato a Padova il 13 novembre presso Le Village by CA Triveneto. La ricerca indaga gli impatti potenziali dei Workers Buyout nel contesto delle PMI italiane, concentrandosi in particolare su quelle aziende che potrebbero trovarsi ad affrontare crisi d’impresa o difficoltà legate al ricambio generazionale, approfondendo gli impatti economici e sociali in termini di salvaguardia dei lavoratori occupati. In questi casi, il WBO potrebbe rappresentare una soluzione efficace.
Questi i principali risultati della ricerca:
- I WBO sono strumenti per le piccole imprese ma molto efficaci anche sulle medie: i WBO sono particolarmente efficaci su aziende di medie dimensioni (50-249 dipendenti) con un default medio pari al 9%, 1/6 rispetto alle microimprese e un valore della produzione 2,5 volte quello delle microimprese.
- I WBO possono essere parte della soluzione per catturare il valore a rischio con i passaggi di proprietà critici e la crisi d’impresa: sono circa 5 mila in Italia ogni anno le aziende coinvolte in passaggi generazionali critici o in crisi di impresa e coinvolgono circa 130 mila lavoratori e generano un valore aggiunto totale di oltre 7,5 miliardi di Euro.
- Per permettere ai WBO di uscire dalla «trappola del debito» la soluzione può consistere nell’istituzione di un fondo di investimento specializzato in equipment renting che si occuperebbe di acquistare le immobilizzazioni materiali necessarie al WBO e di affittarle a quest’ultimo. Un fondo siffattorisulterebbe vantaggioso sia per i WBO, aiutandoli a superare le difficoltà finanziarie, ma per gli investitori per i quali potrebbe rappresentare un’opportunità di investimento nell’economia reale con un interessante profilo di diversificazione rispetto ad un portafoglio tradizionale.
“Si parla molto di Impact Investing ma le iniziative concrete sono ancora molto limitate”, ha dichiarato Giovanni Di Corato, CEO di Amundi RE Italia SGR, che ha aggiunto: “i Workers Buyout possono essere un settore promettente per gli investitori istituzionali in cui intraprendere, attraverso un fondo specializzato, interventi intenzionali, addizionali e misurabili, beneficiando di un livello di reddittività accettabile e sostenibile per i soggetti finanziati. È necessario attivare un dialogo con tutti i potenziali stakeholder, pubblici e privati, per rendere concreto un progetto tanto innovativo e dall’importante potenziale economico e sociale, di cui il convegno organizzato oggi è uno dei passi preliminari.”
Corrado Panzeri, Partner and Head of InnoTech Hub of The European House – Ambrosetti, ha dichiarato: “il contesto attuale, caratterizzato da crisi economica, tensioni geopolitiche e incertezza, ci impone di esplorare tutte le possibili soluzioni per mantenere la competitività economica e sociale del Paese. In questo scenario, i Workers Buyout si sono rivelati, negli ultimi anni, uno strumento efficace per preservare posti di lavoro e favorire la crescita economica. Inoltre, diversi esempi, come GresLab e Fenix Pharma, dimostrano come i WBO possano generare nuovi posti di lavoro e contribuire allo sviluppo economico. Tuttavia, creare un WBO di successo richiede interventi mirati e richiede un impegno congiunto di attori pubblici e privati per incentivarne la crescita e la sostenibilità.”
“I Workers Buyout – ha spiegato Andrea Passoni, amministratore delegato di Coopfond –costituiscono un esempio concreto dell’apporto positivo che la cooperazione può garantire nella costruzione di un mercato più equo e inclusivo, capace di valorizzare il lavoro e di salvare il patrimonio di competenze presente nelle nostre comunità. Per potersi sviluppare al meglio i Workers Buyout devono però poter contare su una rete di sostegni innovativi e trasversali. Da questo punto di vista, lavorare in questa direzione permette alla cooperazione di dialogare con tutti quei soggetti, anche finanziari, che finora non hanno guardato ad essa come a un’opportunità”.
Questi i temi approfonditi durante l’evento finale di presentazione dell’iniziativa, in cui sono intervenuti Francesca Montalti (Responsabile settore industriale di Legacoop Produzione e Servizi), Giovanni Baroni (Presidente, Piccola Industria, Confindustria), Moreno de Col (Presidente, CNA Veneto), Bruno Panieri (Direttore Direzione Politiche Economiche, Confartigianato Nazionale), Filippo Pancolini (Vicepresidente, Confindustria Veneto est), Marco Lomuscio (Ricercatore, Centro Internazionale di Studi sulla Cooperazione – Università di Parma), Luca Bernareggi (Amministratore Delegato, Cooperazione Finanza Impresa), Giovanni Maggi (Presidente, Assofondipensione), Valeria Negrini (Vicepresidente, Fondazione Cariplo) e Simone Petrillo (Transaction & Relationship Officer, Fondo Europeo per gli Investimenti).
Scarica il paper “Workers Buyout: l’impatto economico e sociale in Italia“